Il Pinot nero

Il Pinot nero può essere vinificato in bianco, e dare origine a vini fermi asciutti e profumati; può subire una spremitura soffice ed un brevissimo contatto con le bucce così da ottenere un vino rosato; può essere vinificato in rosso, sopportando l’invecchiamento e l’affinamento in botte dando origine così a vini rossi di alto livello; è infine il principale costituente, se non unico, delle basi spumante.

Il Pinot nero nasce da un’uva che richiede grande maestria e un clima adatto per produrre ottimi vini, è sinonimo di vini di grande classe e di alta qualità. È l’unico vitigno al mondo che è in grado di dare i migliori vini sia bianchi che rossi.

Difficile da coltivare e da vinificare, il Pinot nero è riconoscibile in pianta per i  grappoli piccoli, caratteristica che ne rende faticosa la raccolta a mano. La forma della foglia è tondeggiante, un carattere di vegetazione più selvatica delle altre uve. È la forma del grappolo a dare il nome del Pinot: compatto e serrato a ricordare una pigna.

L’acino del Pinot nero ha una buccia nera ricca di sostanze nobili capaci di dare qualità sensoriali notevoli, pur con una ridotta capacità colorante; si presta a produrre eccellenti vini rossi e “Blanc de noir” (vini bianchi da uve rosse) dagli spiccati sentori speziati, fruttati e floreali e di grande corpo.

DOCG Oltrepò Pavese metodo classico

L’Oltrepò Pavese metodo classico è un vino spumante DOCG la cui produzione è consentita in zona. È prodotto con uve coltivate nelle stesse zone dell’Oltrepò Pavese DOC, e la DOC è diventata DOCG nel 2007.

I vini a denominazione di origine controllata e garantita “Oltrepò Pavese” metodo classico devono essere ottenuti dalle uve prodotte dai vigneti, aventi nell’ambito aziendale, la seguente composizione ampelografica:

  • “Oltrepò Pavese” metodo classico e “Oltrepò Pavese” metodo classico rosé: Pinot nero: minimo 70%; Chardonnay, Pinot grigio e Pinot bianco congiuntamente o disgiuntamente fino ad un massimo del 30%.
  • “Oltrepò Pavese” metodo classico Pinot nero e “Oltrepò Pavese” metodo classico Pinot nero rosé:
    Pinot nero: minimo 85%; Chardonnay, Pinot grigio e Pinot bianco congiuntamente o disgiuntamente fino ad un massimo del 15%.

 

Nella cartina sono evidenziati i comuni in cui si può produrre il  metodo Classico DOCG. In verde quelli in cui si produce su tutto il territorio, in giallo i comuni in cui si produce solo in parte.

DOC Pinot nero dell'Oltrepò Pavese

Il Pinot nero dell’Oltrepò Pavese è un vino DOC rosso fermo, la cui produzione è consentita in zona. Il vitigno utilizzato per la sua produzione è il Pinot nero in grande purezza (almeno il 95%), vinificato in rosso. Si noti che il Pinot nero vinificato in bianco e rosato costituiscono tipologie della DOC Oltrepò Pavese.

La zona di produzione delle uve destinate alla produzione della DOC è identica alla zona di produzione della DOCG.

Le origini e la presenza in Italia

Il Pinot nero è un vitigno antico, con ogni probabilità già ben conosciuto in epoca romana prima della nascita di Cristo e classificato tra le varietà di vite helvolae (Columella: De rerum naturae); appare citato per la prima volta con il nome Pynoz alla fine del XIV secolo (1394) in Borgogna e a partire dal XVII secolo è fra i più importanti vitigni della spumantizzazione mondiale di alta qualità; è stato dimostrato essere il padre dello Chardonnay.

Nelle zone viticole europee, ove oggi è più estesa la coltivazione del Pinot nero (soprattutto la Borgogna e la Champagne, in Francia), l’allevamento della vite sembra essersi diffuso dal III al IV sec. d.C. in avanti e quindi è probabile che detto vitigno o i predecessori dello stesso siano stati diffusi nelle coltivazioni in quelle aree dalla espansione romana verso il nord dell’Europa, agendo su genotipi da loro lì trasportati o, come alcuni sostengono, selezionando genotipi già preesistenti in zona.

Sono segnalati scambi internazionali che permisero l’introduzione del Pinot nero della Borgogna nel Piacentino alla fine del 1700, ad opera del ministro Guglielmo Du Tuillot, come pure si riferisce della coltivazione del vitigno nella Ampelografia della Provincia di Alessandria del 1875, ove viene citato come già presente da molti anni ed in Oltrepò Pavese è ben censita la sua presenza nel 1884 (censimento viticolo ministeriale – A. Giulietti) soprattutto in quattro dei suoi comuni dei rilievi più elevati della Valle Scuropasso e della Valle Versa.

Giunto dunque nell’Italia del nord-ovest nelle province di Piacenza, Pavia ed Alessandria fra il 1700 ed il 1800 (Vercesi, 1993), viene censito come ben coltivato in alcuni Comuni dell’Oltrepò Pavese a partire dalla seconda metà del 1800 (Giuglietti, 1884). Nell’arco del 1900 la sua coltivazione in Oltrepò Pavese si espande sempre di più fino ad elevare la zona fra le più grandi al mondo per la presenza di Pinot nero destinato alla spumantizzazione metodo classico (tipo champagne).

Il Pinot nero, quindi fa parte delle coltivazioni viticole oltrepadane da oltre 150 anni ed è nelle abitudini locali e nell’immaginario collettivo della zona tanto da poterlo considerarlo un importante radicato fattore, non solo della economia, ma anche della cultura locale, del territorio e delle genti che abitano l’Oltrepò Pavese.

In Oltrepò Pavese è stato trovato alla fine del XIX secolo il fossile di un possibile antico progenitore delle vitacee di oggi (Sordelli 1896 in Negri, 1931- Storia della Viticoltura italiana).

La coltivazione e la spumantizzazione

L’avvio della coltivazione del Pinot nero nell’ambito di una precisa e dichiarata programmazione viticola che sviluppasse l’obiettivo della spumantizzazione avvenne nel Comune di Rocca de Giorgi in Valle Scuropasso, fra gli ultimi anni del 1800 ed i primi del 1900.  

Forse il primo spumante in assoluto censito nelle produzioni dell’Oltrepò Pavese è il “Montarco” del 1828, ma non ci è dato di sapere da quali vitigni fosse prodotto. E’ ragionevole ritenere che i primi individui del moderno Pinot nero siano giunti nella Cispadana occidentale (soprattutto in quegli areali afferenti alle Province di Piacenza, Pavia ed Alessandria) fra il 18° ed il 19° secolo; alla fine di questo ultimo iniziarono nella zona le prime spumantizzazioni di qualità (Azienda Giorgi Vistarino) e negli ultimi decenni del 1800, presso l’azienda dell`Ingegner Mazza di Codevilla, tramite la consulenza di tecnici francesi, venne prodotto uno spumante metodo classico  denominato “Champagne”.

Le viti adottate nei primissimi anni del 1900 provenivano dalla Francia ed in particolare, così si pensa, dalla Champagne (Valle della Marna). Vennero poi allestiti delle collezioni di piante madri afferenti ai Vivai di Scorzoletta ed alla principale collezione dell’azienda collocata in prossimità dell’ex sede del Municipio di Rocca de’ Giorgi.

Già a cavallo dei due ultimi secoli trascorsi, quindi, veniva praticata una spumantizzazione di qualità riconosciuta a livello internazionale e che risultava figlia delle esperienze vitivinicole condotte nella zona nei decenni precedenti. ln detto contesto di riferimento ebbe certamente un positivo influsso il collegamento, anche di amicizia personale, che sussisteva già da allora tra i Giorgi di Vistarino con la famiglia piemontese dei Gancia, che, come è noto fu tra gli antesignani della spumantizzazione dolce e secca in Italia.

Non ci è dato sapere con certezza se e quanto Pinot nero fosse impiegato in queste prime esperienze che più probabilmente si rifacevano a spumanti dolci: resta comunque documentato (nei registri storici dell’azienda) il fatto che dai primissimi anni del secolo (1908) nell`azienda Giorgi il Pinot nero era già un vitigno oggetto di costante attenzione, insieme al Moscato.

La diffusione del Pinot nero

Nel corso degli anni fu il Pinot nero il vitigno sempre più scelto dalle aziende anche nei comuni limitrofi a Rocca de’ Giorgi, come soprattutto Montecalvo Versiggia e Santa Maria della Versa ed in tutta la parte delle Valli Scuropasso e Versa collocate in posizione più distante rispetto alla pianura padana ed alle altitudini più elevate. Con il passare degli anni su tutto il territorio oltrepadano si sviluppò una lodevole esperienza spumantistica locale che, nei decenni successivi, ha raggiunto e a tutt’oggi mantiene traguardi di levatura qualitativa anche internazionale.

Diversi studi tecnici e scientifici sono stati da allora svolti sul Pinot nero dell’Oltrepò Pavese, a partire dalla zonazione della vocazionalità vitivinicola del territorio del 1990, con i suoi prosieguo svolti negli approfondimenti sperimentali condotti fra il 2000 ed il 2008, che hanno riguardato la completa mappatura della aree vocate al Pinot nero dell’intero territorio dell’Oltrepò Pavese, declinata per diversa tipologia enologica, compresa quella più recente della spumantizzazione in “rosa” del vitigno, come pure l’adattamento del vitigno (anticipi delle vendemmie) di fronte al pesante cambiamento climatico che ha riguardato il territorio.